L’analisi dell’emergere del “malessere” su TikTok ritrae figure maschili violente e possessive, soprattutto tra la GenZ. Utilizzando l’etnografia digitale e dati dai centri antiviolenza, si esplora come queste rappresentazioni influenzino la percezione delle disuguaglianze di genere e la normalizzazione della violenza

Ue e Usa uniti contro TikTok: in ballo non solo la privacy ma la manipolazione sociale. Fanno da contesto i dati reali della violenza di genere, raccolti dai centri antiviolenza, e le testimonianze degli operatori del settore, in un’ottica di esplorazione di un sistema culturale complesso, che si articola in maniera multiforme tra online e offline. Le relazioni affettive, ai tempi dei social media, sono narrate dagli stessi protagonisti. In particolare sono i giovani della GenZ, la generazione dei nati dopo il 2000, i maggiori produttori e consumatori di contenuti su TikTok (Doyle, 2022), a raccontarci direttamente le loro esperienze e le loro aspettative. I video rappresentano per lo più gag ironiche, talvolta piccole riflessioni, e tanti balletti e canzoni che riflettono sia il loro contesto culturale sia un dialogo con le generazioni precedenti.
Secondo l’ultimo report “Digital 2024” elaborato da We are social , TikTok è la social media app su cui le persone in Italia trascorrono più tempo, con 32 ore e 12 minuti al mese di ascolto.
Tra i trend che si sono diffusi nel panorama mediatico spicca il “malessere”: un tipo maschile prepotente, eccessivo, patologicamente geloso, violento, tossico (e per questo irresistibile) (Arvidsson, 2024). Il “Malessere” è un fenomeno emerso con grande impatto a seguito della serie TV “Mare Fuori”, si è diffuso nella cultura mediatica popolare, ponendo la questione dello stato attuale in tema di percezione delle disuguaglianze, di rivendicazione dei diritti e di affermazione delle soggettività (Butler, 1990), come successo per altre tematiche, negli studi di femminismo e social media (Harvey, 2023).