Bullismo e cyberbullismo

Ancora oggi affrontare il tema del bullismo e del cyberbullismo non è facile, dato che le conseguenze e le problematiche di questa malattia ribelle che corrompe l’anima di tanti giovani sono per lo piú sottovalutate.
In questo articolo esamino il perché una parte della nostra gioventù ha perso i punti di riferimento specifici dell’ etá, alla ricerca di esperienze piú forti, apparentemente più invitanti, più realizzanti.
Le tre caratteristiche del bullismo, continuità, intenzionalità di nuocere e disparità di forze permettono di distinguere il bullismo da altre forme di prepotenza. Non si tratta di una ragazzata occasionale e tipica dell’ età giovanile, al contrario bisognerebbe indagare e comprendere perché il bullo è un bullo, quali sono le origini del suo comportamento. L’atto aggressivo si presenta con botte, ingiurie, ricatti, insulti, offese sulla personalità e sull’ aspetto fisico delle vittime, con esclusione della persona dalle attività del gruppo con l'assumere un’aria disgustata al passare della vittima. Il bullo, inoltre, opera anche sui pregiudizi culturali, come il colore della pelle, il linguaggio, il sessismo, l'emarginazione dei compagni con disabilità fisiche o intellettive.
Oltre il bullo e la vittima, vi sono l ‘aiutante del bullo, e cioè colui che sostiene il prevaricatore per poter appartenere al gruppo dei coetanei e chi non vuole assolutamente farsi coinvolgere, ma assiste senza intervenire; pochi sono i difensori della vittima. Il prepotente quindi ha bisogno di spettatori, senza i quali il suo ruolo è nullo. Per questo, i luoghi in cui avvengono gli atti di bullismo sono principalmente la scuola, il pulmino scolastico, i centri di aggregazione, che interferiscono drammaticamente non solo sul soggetto che li subisce, ma sull’intero gruppo di compagni, cambiando i normali rapporti individuali e collettivi.
Îl cyberbullismo è la versione evoluta del bullismo, in cui, grazie alla condivisione e interazione di post sui social, la vittima si trova in una situazione psicologica ancor più fragile dovuta al numero illimitato di utenti che vi partecipano, spesso e volentieri con commenti di una crudeltà che, a mio avviso, non dovrebbe essere consentito da alcuna piattaforma.
Ma che cos’è successo? Cos’è sfuggito a noi adulti e che cosa vuole dirci questa gioventù così rabbiosa, apparentemente fredda, senza emozioni, senza sentimenti per l’Altro? Bisognerebbe ammettere che il modello educativo è sostanzialmente cambiato, ill tempo che si passa in famiglia è sempre più ridotto;. soprattutto in alcune città, la vita sembra scorrere più velocemente che in altre, spesso i genitori hanno più di un lavoro per poter far fronte a tutte le spese necessarie al sostentamento della famiglia, dove si parla sempre meno, ci si conosce e ci si comprende in modo superficiale, senza prestare ai segnali evidenti che i figli ci danno, ad esempio manifestando un improvviso odio per la scuola, chiudendosi in un ostinato silenzio, piangendo senza motivo, chiudendosi a chiave nella stanza, perdendo l'appetito o l’interesse per lo sport praticato da anni. In realtà, non vogliamo ammettere le nostre lacune educative, temiamo di non essere all’altezza del nostro compito genitoriale.
Ci stupiamo quando sentiamo la notizia che un ragazzo “così fantastico” e benvoluto da tutti abbia potuto compiere atti cosi violenti e persecutori verso i coetanei, o addirittura arrivare a portare al suicidio la vittima insultata e perseguitata nei social, caduta nel profondo tunnel della depressione.
Ma dove sono finiti i sentimenti per gli altri? Siamo diventati tutti invisibili? Com’ è possibile che la violenza di gruppo manifestata, a volte 24 ore su 24 e soprattutto la notte, attira così tanto i giovani che la ripropongono continuamente e non sono capaci di staccare la spina.? Dov’è finita la tolleranza, l’empatia, la solidarietà, il sentirsi parte di una collettività che alcuni giovani ignorano?
Ho cercato di rispondere a queste inquietanti domande nel mio libro “La malattia dell’ anima”, in cui affronto la tematica del bullismo e del cyberbullismo, delineando la storia della vittima, del carnefice e di tutti gli altri protagonisti, partendo dalla convinzione che l’ uomo non nasce cattivo, sono i modelli educativi che apprende in primis in famiglia e in tutti gli ambienti, in cui ramificano tutte le sue relazioni, ad essere determinanti per il suo sviluppo cognitivo
Bisognerebbe oltre a sensibilizzare i giovani su questi problemi, coinvolgere il mondo degli adulti, a cui spesso sembra far comodo non vedere e non sapere (nonostante siano anch’ essi grandi fruitori dei social), gli insegnanti stessi affinché prestino attenzione a situazioni allarmanti prima che si sviluppino ed intervengano tempestivamente con adeguate metodologie; sarebbe auspicabile inserire progetti educativi con precise finalità e obiettivi che gli studenti possano interpretare e interiorizzare.
I modelli educativi da applicare devono restituire l'integrità delle relazioni sociali che sono andate perdute, ritornare a uscire con i compagni, ad andare al cinema o a teatro, a ritrovarsi al parco organizzando giochi di squadra, a parlare dei propri problemi, delle proprie conquiste, dei fallimenti e dei successi..
Questo ritorno alla vita “normale “ è l’antidoto per tutti coloro che si sono trovati nella situazione di essere presi di mira nei social, unica soluzione perché la vittima smetta di soffrire e di essere perseguitata e il bullo e il cyberbullo abbandoni la tastiera se non per un utilizzo specifico e sano, Anche il bullismo puó essere combattuto con il coraggio di denunciare gli atti violenti di modo che le famiglie, la scuola, le associazioni e tutti gli enti coinvolti in queste problematiche possano supportare e consigliare gli interventi necessari.
Un giovane paziente in una seduta ha paragonato se stesso e i suoi coetanei a un vaso di terracotta scolorito, i cui cocci rotti sono vicini l’uno all’altro, ma pur sempre ridotti a cocci.
Si vedono chiaramente, ma si passa oltre e nessuno sembra disposto ad assemblarli.
Quello che il ragazzo voleva esprimere è la lontananza tra un coccio e l'altro che crea vuoto, il vuoto dell’ indifferenza di una società che non si accorge dell’abisso in cui una parte della nostra gioventù è precipitata.
Spetta a noi adulti raccogliere e incollare i cocci con la massima cura e dedizione, affinché il vaso di terracotta non si rompa un’ altra volta.
Dott.ssa Viviana Costa - Psicologa